vittorio polito
giornalista pubblicista scrittore
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I folletti particolari creature delle favole,  pubblicato su www.giornaledipuglia.com
Il folletto è il nome generico che si applica a una categoria di esseri favolosi, creature della fantasia popolare, raffigurato come piccolo di statura, burlone, bizzarro. Ritenuto originatore di sorprese, fatti inverosimili, tiri pericolosi, a volte benefici, assume nomi diversi nei diversi paesi e nelle diverse regioni: salvanello nel Veneto, monacello in Calabria, farfareddu in Sicilia, monachicchio in Lucania ecc.
Rossella Barletta, ha pubblicato un decennio fa, per la collana Pochepagine edita da Schena di Fasano (BR), “Scazzamurieddhri” - I folletti di casa nostra - un volumetto nel quale l’autrice fa un ideale viaggio tra i folletti toccando i vari aspetti di queste favolose creature dell’immaginario popolare nell’ambito delle varie regioni italiane, soprattutto di quelle meridionali. L’autrice si sofferma in particolare sul folletto salentino che ha denominazioni diverse: laurieddhru, scazzamurieddhru, carcalùru e tanti altri, senza trascurare quello tarantino, foggiano o barese. Parlare di uno di essi è come comprendere tutti gli altri, tanto sono impercettibili le varianti.
Il folletto di cui si parla è un piccoletto alto tre spanne, bruttino, fosco, peloso, vestito di panno color tabacco, con cappellino in testa, scalzo, smanioso di possedere un paio di scarpette, sdebitandosi con chi gliene fa dono con un gruzzolo di moneta sonante o indicandogli il luogo ove giace nascosto un tesoro.
L’autrice illustra anche le modalità in uso in alcuni paesi salentini per scongiurare i suoi influssi e conclude con alcune considerazioni, tra le quali quella di «accettare fino in fondo le creazioni idealistiche coincidenti con la realtà per il fatto che il folletto, è un tramite che incarna aspirazioni, desideri o anche paure legate alla condizione umana». Per cui «Sorprendentemente il ruolo svolto da millenarie credenze appare più importante di quanto si possa... immaginare».
E a Bari che succede? Vito Antonio Melchiorre nel suo libro “Storie e patorie” (Adda Editore) ci parla della “fata della casa”, o “uangeue de la bona nove” che secondo la fantasia popolare si troverebbe in ogni casa. Si tratta, secondo la credenza, di una specie di nume tutelare, invisibile, probabilmente lo spirito di qualche defunto vissuto precedentemente, rimasto a proteggere i nuovi occupanti e, perché no, anche ad aiutarli realmente, a condizione di non rivelarne il segreto a nessuno. In qualche caso, la presenza nelle vicinanze di qualche gufo o civetta, detti ‘malacijdde’ (ossia cattivi uccelli o uccelli del malaugurio), starebbe ad indicare l’imminenza di qualche grave fatto o funesto evento.
Secondo Melchiorre, in questo capitolo, possono rientrare anche le maschere apotropaiche, apposte a protezione sul portone di alcune case, visibili ancora oggi in qualche quartiere della città.

Curiosità - In Irlanda, ove il colore dei prati è di un verde brillante unico, è una terra magica in cui fate e folletti sembrano uscire da ogni angolo. Il rappresentante irlandese per eccellenza è il ‘Leprechaun’, una specie di folletto dispettoso, che secondo la tradizione irlandese, si nasconde all’origine dell’arcobaleno seduto su di una pentola colma di monete d’oro, e, probabilmente, passeggiando per i prati irlandesi si potrebbe incontrare una di queste strane creature. Questo curioso nome, apparso per la prima volta nel 1604, deriverebbe dal gaelico (antica lingua di Scozia importata in Irlanda) ‘leipreachán’ che significa piccolo spirito. Il termine sarebbe a sua volta derivato da ‘luchorpán’, cioè spiritello d’acqua. Si ritiene che quest’ultima parola significhi anche mezzo corpo in quanto queste particolari creature del folklore irlandese sono considerate in parte fisiche e in parte spirituali.

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