vittorio polito
giornalista pubblicista scrittore
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La Bibbia, i dialetti zingareschi e quello barese,  pubblicato su www.giornaledipuglia.com
Il Concilio Vaticano II ha incoraggiato l’uso delle varie lingue sia per la Sacra Scrittura che per la Liturgia. «La Chiesa – leggiamo nella “Gaudium et Spes” (la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo) - fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti, sia alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli». Spetta specialmente agli operatori pastorali tendere verso un più efficace annuncio della Parola, servendosi appunto della lingua e dei mezzi adatti alle necessità dei destinatari del messaggio della salvezza, per far comprendere loro più profondamente i sacramenti, i riti e le celebrazioni.

Monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, a proposito di Bibbia e testi liturgici nella Pastorale per gli zingari, in seguito ad una inchiesta sull’argomento, ha parlato anche dei dialetti zingari, l’uso dei quali va modificandosi in seguito alla perdita ed alla standardizzazione. Molti gruppi, ormai sedentarizzati, hanno perso nel corso dei secoli la loro lingua originale adottando una sorta di gergo “zingarico” innestato su strutture della lingua del Paese ospitante. In molti casi c’è anche l’obbligo di usare la lingua della maggioranza della popolazione. Motivo per cui gli operatori pastorali si trovano di fronte ad una molteplicità di lingue o di dialetti che li pone davanti a una scelta difficile: quale lingua utilizzare? In sostanza essi rimangono convinti che sia necessario impartire la catechesi in una lingua comprensibile, e che occorra spiegare la Sacra Scrittura in una lingua parlata.

In Ungheria si identificano quattro gruppi linguistici, con 17 dialetti con un vocabolario molto ridotto. Al posto di quelle mancanti si usano termini ungheresi. In questa varietà sembra che il ‘lovari’ (il dialetto che utilizza un sottogruppo del popolo Rom), sia lo strumento di comunicazione più comune. In Germania, la traduzione dei testi biblici e liturgici in lingua zingara sarebbe un’iniziativa difficile perché esistono ben 25 dialetti, totalmente diversi uno dall’altro. In Olanda vivono circa 36.000 Travellers (viaggianti) olandesi che parlano la lingua comune, cioè l’olandese, anche in Chiesa. I Rom cattolici e ortodossi, circa 4.000, parlano anch’essi l’olandese. Soltanto i Sinti olandesi, quasi 4.000, parlano il romanes (una lingua indoeuropea), che è rimasto però soltanto a livello di lingua parlata, e come tale viene usato anche nella Liturgia durante i loro pellegrinaggi. Normalmente, pure in chiesa, usano però l’olandese.  Negli Stati Uniti d’America la lingua principale dei discendenti degli Zingari Cattolici immigranti è l’inglese. Essi sono arrivati in America dai Paesi dell’attuale Europa Centrale, nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX secolo. La American Bible Society (ABS), organizzazione Protestante con sede a New York, è molto coinvolta comunque nella pubblicazione della Bibbia in varie lingue. Nel 1998, la ABS ha allargato i suoi servizi anche ai Cattolici, ma non vi è stata traduzione biblica in lingua zingara. Allora gli Zingari che non trovano i testi della Bibbia o liturgici nella propria lingua, li richiedono ai Paesi di origine.

Alla Chiesa cattolica in Romania appartengono fedeli zingari di lingua rumena e ungherese. Le celebrazioni, per loro, si svolgono in rito latino e greco-cattolico, in uno degli idiomi citati. In Transilvania, gli Zingari che fanno parte di alcune comunità parrocchiali, partecipano alle celebrazioni in uno dei due riti con relativa lingua. Non si celebra dunque la Messa in lingua zingara. In Serbia e Montenegro gli Zingari delle varie parrocchie sono assistiti pastoralmente in serbo, croato, ungherese e slovacco. In Croazia gli Zingari si trovano nella stessa situazione, partecipano cioè alla Liturgia nelle chiese del luogo e frequentano il catechismo insieme con la gente locale.

In Svizzera si lavora soprattutto con gli Zingari appartenenti al gruppo Jennisch, i quali non parlano più la loro lingua ma usano il francese o il tedesco. Non esistono pertanto traduzioni. Vi è stato comunque un tentativo di un membro Jennisch della Cappellania per gli Zingari di tradurre il Vangelo in tale lingua, incontrando grosse difficoltà a causa della scarsa conoscenza di quella originale, nonché della povertà del suo vocabolario. La lingua usata dalla popolazione zingara portoghese è il ‘caló’ (anche questo un idioma indoeuropeo che utilizza la lingua spagnola frammisto a elementi lessicali arabi), ma essa non ha una forma sistematica, consiste piuttosto in poche parole ed espressioni. Non vi sono, pertanto, traduzioni dei testi biblici e liturgici.
La Costituzione pastorale sulla Chiesa ricorda che «È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con l'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più adatta».

E in Italia che si fa? Molti si sono attivati a tradurre in vari dialetti (siciliano, napoletano, calabrese, romagnolo, leccese, abruzzese, barese), alcune preghiere, le più comuni, come ad esempio, il tascabile di chi scrive e di Rosa Lettini Triggiani dal titolo “Pregáme a la Barése – Preghiamo in dialetto barese” (Levante Editori). In sostanza sono state tradotte nell’idioma barese le preghiere di tutti i giorni: dal segno della croce al Padre nostro, all’Ave Maria, ad alcune preghiere a San Nicola, San Pio, Sant’Antonio, inclusi il Credo, i Dieci comandamenti ed il Cantico delle creature di San Francesco, ecc. Insomma un contributo finalizzato ad ampliare le pubblicazioni, sia del panorama religioso che di quello dialettale nostrano.
Infine, e non per ultimo, mi piace citare anche la brillante idea del poeta dialettale barese Luigi Canonico, che ha tradotto i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni (U Vangèle chendate da le quatte vangeliste: Matté, Marche, Luche e Giuanne, veldate a la barése – Pressup Editore). Un’ardua e complessa opera, dal momento che ha tradotto in un’altra lingua, il barese, senza regole condivise, quanto scritto sulla vita di Gesù. Ed a proposito di regole condivise mi piace ricordare agli “addetti ai lavori” che nulla si porta a termine con l’egoismo, l’arroganza e la discordia.
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