I mille volti della Baresità Giornaledipuglia.com 7 marzo 2018
Per Baresità si intende tutto quello che riguarda Bari, dialetto, tradizioni, folclore, cucina, monumenti, chiese, modi di dire, comportamenti, proverbi, soprannomi, usi e costumi, teatro dialettale, poesie, arte, e, ovviamente, il nostro San Nicola.

Giovanni Panza (1919-1994), alto funzionario del Ministero dell’Agricoltura, poeta e attento osservatore di cose baresi, che ha lasciato un notevole numero di poesie e, soprattutto, il volume “La checine de nononne” (Schena Editore), un best-seller della cucina tradizionale barese, scritta sia in lingua che in dialetto.


Rosa Lettini, del primo ed unico romanzo storico-satirico in dialetto barese “Da Adàme ad Andriòtte” (Schena Editore). Lorenzo Gentile, (1922-2008), autore, insieme alla figlia Enrica di un recente “Nuovo Dizionario dei baresi”, (Levante Editori).
Quest’ultimo è il primo dizionario bilingue italiano-barese e barese-italiano. Vito Maurogiovanni (1924-2009), prolifico scrittore, giornalista e commediografo, considerato la memoria storica di Bari, che ha lasciato ai baresi una notevole produzione teatrale e letteraria.
Da ricordare: “Jarche vasce”, “Cafè antiche”, “Il Teatro”, “Come eravamo”, “Cantata per una città”. Nell’anno 2010, è stato pubblicato il suo volume postumo “Teatri”, curato magistralmente da Francesco De Martino, docente universitario.
Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), storico di Bari che ha lasciato centinaia di pubblicazioni sulla nostra città, l’ultima delle quali ha per titolo “Storie baresi”, pubblicata nell’anno 2010 (tutti della Levante Editori).

A questo breve elenco andrebbero aggiunti decine e decine di altri autori, ma mi limiterò, per motivi di spazio, a ricordarne solo qualche altro per il loro notevole contributo alla baresità: Armando Perotti 1865-1924), Arturo Santoro (1902-1988), Davide Lopez (1867-1915), Nicola Gonnella (Ogon) (1900-1972), Agnese Palummo (1879-1992), Ettore De Nobili, Gaetano Mele, Giuseppe Gioia, Giuseppe Romito, Luigi Canonico, Marcello Catinella (1932-2003), Maria D’Apolito Conese, Mario Piergiovanni (1927-2009), Nicola Macina (1886-1963), Pasquale Sorrenti (1927-2003), Peppino Franco (1891-1982), Peppino Zaccaro.

Questi ultimi, commediografi in lingua e in dialetto barese, sono anche registi delle loro opere. Non sono stati certamente ricordati tutti i personaggi, ma citati o non citati, va a tutti il ringraziamento per quello che hanno lasciato alla nostra città.
È presto detto. L’articolo determinativo “il”, usato comunemente nella lingua italiana, in dialetto barese si traduce con la lettera “U” (U pesce, U tauue, U presèbbie, U mare).
In questa pubblicazione, Falanga, con l’estrosità che lo contraddistingue, tratta molti argomenti, tra i quali il cosiddetto “cazzo franco” (schiaccio delle mandorle per estrarne il frutto, noto ai baresi con il soprannome “U cazze dell’amìnnue”, che fino a qualche decennio fa era presente nel centro di Bari, esattamente in Via Putignani angolo Via Sagarriga Visconti, nei pressi della Chiesa di San Rocco. Perché “franco”? Perché rappresentava il quantitativo di mandorle che ogni operaia riusciva a sgusciare in un’ora, e che poteva portare a casa, una volta alla settimana, insieme al salario.



E nella baresità trovano posto anche i quotidiani ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’, ‘Puglia” e ‘Barisera’, quest’ultimo ha cessato le pubblicazioni nell’anno 2012. L’elenco potrebbe andare all’infinito. Ci ferma solo lo spazio.

L’Accademia del Mare, non poteva nascere che a Bari, terra di conoscitori e buongustai dei prodotti del mare crudi e cotti.

Infine ricordo che la baresità ed il dialetto sono entrati nell’Aula Magna dell’Università di Bari, il massimo tempio della cultura, poiché quattro miei libri sull’argomento sono stati presentati nella stessa Aula, con gli interventi del Magnifico Rettore, Corrado Petrocelli, di Giorgio Otranto, di Francesco De Martino e di Giuseppe Gioia, docenti universitari e del Politecnico. È stata la prima volta che nell’Aula Magna, affrescata da Mario Prayer, pittore barese d’adozione, sono stati presentati libri sulla baresità e sul dialetto.
Tutto ciò sta a dimostrare che la baresità è oggetto oggi della massima attenzione, non solo da parte di appassionati e cultori, ma anche di studiosi del mondo accademico e letterario.
BARESITÀ
di Vittorio Polito
Jìnd’alle cassre, nnànza nnànze, bèlle bèlle e tutt’aggestàte, ijacchie libbre in abbennànze
aligandemènde assestemàte
ca chjìne chjìne de culdùre totta la scènze ognùne rèsce e pure ce perfètte jè la manefattùre,
quase nesciùne... mà le lèsce!
E jìnd’alle libbre stà arrepàte, mmènz’alla polve abbandenàte, pure u dialètte du passàte,
ca sule sule, se jìacchie... scherdàte!
Chisse penzjìre vastasjìdde m’auàndarene come fascìdde e da nu ngènnue scequarjìdde
assì Baresità come fattarìdde
ca jiàve descetàte tutte le Barìse ca totta na volde, che dolge ardòre,
avonn’accanesciùte, all’ambrevvìse, tanda puète e tanda screttòre
ca cu cervidde assà granne, sfasulàte, vonne rezzuànne
e ca pure ce jè assà la bravùre, achiudene l’arte... jìnd’ò tratùre!
E arregettànne chidde bèlle tratùre, tand’alde fascìdde sò assùte daffòre
e ajitàte dall’Edetòre de culdùre, a Baresità... sò date n’alda sore!
Da “Baresità, curiosità e…” (Levante Editori, 2009). BARESITÀ
di Vittorio Polito
Nelle (nostre) case, in evidenza, assai belli e bene ordinati, trovi libri in abbondanza
elegantemente sistemati
che pieni pieni di cultura tutta la scienza ognuno regge e anche se perfetta è la rilegatura,
quasi nessuno… mai li legge!
E nei libri è conservato, nella polvere abbandonato, anche il dialetto del passato,
che solo solo, si trova... dimenticato!
Questi pensieri birichini m’assalirono come scintille
e da un ingenuo passatempo uscì Baresità come storiella
che ha risvegliato i Baresi che come d’incanto, con dolce ardore,
hanno scoperto, inaspettatamente, tanti poeti e tanti scrittori
che col cervello assai grande, squattrinati, vanno girovagando
e anche se è assai la bravura, chiudono l’arte... nel tiretto!
E rovistando in quei bei tiretti, tant’altre scintille son venute fuori
e aiutato dall’Editore di cultura, a Baresità... ho dato un’altra sorella!