vittorio polito
giornalista pubblicista scrittore
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Il Papa, la fede e il dialetto                Giornaledipuglia.com 11 gennaio 2018  
Gerhard Rohlfs (1892-1986) filologo, linguista e glottologo tedesco, soprannominato “l’archeologo delle parole”, che si occupò a fondo della situazione dialettale italiana, sosteneva che “Fra le nazioni europee l’Italia gode il privilegio di essere, certamente, il paese più frazionato nei suoi dialetti (...)”.

La presenza, quindi, di una notevole varietà di dialetti, può essere un elemento facilitante nella comunicazione, anche se in certe zone del Paese il dialetto è considerato di valore inferiore rispetto alla ‘lingua’.

È noto che il dialetto, patrimonio di cultura, storia e tradizioni, secondo alcuni, riveste scarsa importanza, mentre appare sempre più evidente come la somma dei valori umani e spirituali delle diverse località, caratterizzino l’identità di una nazione. Così, la poesia dialettale, che rappresenta l’espressione immediata dei nostri sentimenti, va risvegliando sempre più l’interesse da parte dei cultori e degli studiosi e di tutti coloro che se ne servono per deliziarsi o per esprimere le proprie sensazioni. Il dialetto è anche una forma di linguaggio verbale più immediata al nostro parlare, funzionando l’espressione dialettale come efficace rafforzamento del nostro eloquio.
Questi, forse, i motivi che hanno ispirato il Santo Padre a dichiarare che «La trasmissione della fede si può fare soltanto “in dialetto”, nel dialetto della famiglia
nel dialetto di papà e mamma, di nonno e nonna.

Poi verranno i catechisti a sviluppare questa prima trasmissione, con idee, con spiegazioni».

Franco Lo Piparo, giornalista de “L’Osservatore Romano”, tenta di dare una spiegazione: «Trasmettere a un non ancora parlante la fede “in dialetto” potrebbe dunque voler dire proprio questo: fargli sentire, con parole che l’infante sa riconoscere, la fede come qualcosa di familiare. Il Battesimo “in dialetto” non sarebbe altro che il prolungamento affettivo e cognitivo della vita prima di nascere».

Nel febbraio 2004, Giovanni Paolo II, in occasione di un incontro con i Parroci della Capitale, disse salutandoli “Volemose bene. Semo romani”, dimostrando che era riuscito ad apprendere i rudimenti della lingua cara al Belli ed a Trilussa.
Non è un caso che l’Europa recentemente ha sponsorizzato un progetto per la creazione di un Atlante interattivo finalizzato a raccogliere e conservare i dialetti italiani, mettendolo a disposizione di tutti.


Il più grande progetto mai finanziato sui dialetti italiani, in Italia e nelle Americhe, è stato affidato a Roberta D’Alessandro
Professor of Syntax and Language Variation presso l’Università Olandese di Utrecht.

D’altro canto che si può pregare anche in dialetto è testimoniato dalle numerose pubblicazioni che riportano, in vari dialetti, Vangeli e Preghiere.

Per gli eventuali interessati ne cito solo alcune che hanno tradotto i testi originali utilizzando il dialetto barese.

Luigi Canonico, noto poeta dialettale barese, che ha pubblicato alcuni libri di poesie, proverbi ed altro, si è cimentato, con un’ardua e complessa opera, a tradurre in dialetto barese i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Il notevole lavoro fatto da Canonico si intitola «U Vangèle chendate da le quatte Evangeliste: Matté, Marche, Luche, Giuanne veldate a la barése», (Stampa Pressup, Roma).
Augusto Carbonara, invece ha tradotto in dialetto barese il Vangelo dell’Evangelista Marco «U Vangele alla manere de Marche veldate a la barese» (Wip Edizioni).

Infine, chi scrive, in collaborazione con Rosa Lettini Triggiani, ha pubblicato «Pregáme a la Barése» (Preghiamo in dialetto barese), Levante Editore, che presenta non solo le preghiere tradizionali del popolo cristiano (sempre con testo in italiano a fronte), ma anche il “Cantico delle Creature”, “I Comandamenti”, alcune preghiere a San Nicola, a Sant’Antonio, a San Pio, ecc.




Ecco una delle classiche preghiere, il “Padre nostro”, tradotto in dialetto barese.

PADRE NOSTRO
Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen

PADRE NÈSTE
Pàdre nèste, ca stá ngíle, se sandefecàsse u nóme tú; venèsse u règne tú; se facèsse la volondá tó, cóme ngíle acsì ndèrre. Dànge iósce ciò ca iè necessàrie ogneddì pe la salvèzza nòste, e perdùne a nú le peccàte cóme nú le perdenáme a le debetùre nèste, e, mise a la próve, no nge si lassànne cadè o peccàte, ma allendáne da nú u mále. Amèn
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